Avanti con cautela
05/03/2017
Pubblicato da Redazione
Lo scenario economico continentale oscilla da mesi tra ottimismo tiepido e pessimismo lieve. Ma come stanno davvero le cose? Affidandoci ai numeri proviamo a delineare il quadro della situazione generale delle costruzioni all'interno della quale si muove il segmento della macchine per la cantieristica.
A che punto siamo con il tanto atteso rilancio del settore? Stando ai più recenti dati forniti da Euroconstruct emergono elementi decisamente interessanti rispetto alle previsioni per l’anno in corso e il prossimo futuro. Lo scenario europeo è evidentemente alle prese con la svolta dettata dalla “Brexit”, che per ora ha avuto molto riverbero sui media, ma è ancora ben lontana dal manifestarsi con conseguenze concrete sul piano economico. I contemporanei rallentamenti di Cina e Germania, sommati alle incertezze riguardanti gli Stati Uniti con Donald Trump alla Casa Bianca, complicano ulteriormente la situazione, spingendo a chiederci quale possa essere il ruolo del Vecchio Continente in questa fase storica.
Ma i costruttori europei rappresentati dalla Fiec ostentano ottimismo in relazione al Piano Junker; afferma il presidente Jean-Louis Marchand: "la tradizionale dichiarazione FIEC tradizionale 'nessun investimento, nessun futuro!' sembra essere stato presa molto sul serio, almeno a livello europeo. Si è preso atto di uno stato di fatto: nella maggior parte degli Stati membri ci sono notevoli carenze nella manutenzione, riparazione di edifici esistenti e sono necessari nuovi investimenti in infrastrutture".
Secondo gli studi di Euroconstruct, il 2% di crescita del settore toccato al termine del 2016 - sebbene le previsioni al termine del primo semestre fossero leggermente più ottimistiche - verrà mantenuto per il prossimo triennio. Un calo di velocità anche se non "in frenata", ma il confronto con il PIL è più che onorevole: con la crescita complessiva dell’economia europea che rimane abbondantemente sotto il 2%, la curva del settore delle costruzioni è comunque al di sopra del livello medio, cosa che fino al 2015 non pareva possibile.
Lo scarto positivo è notevole: se il PIL è in salita dell’1,4%, il +2,1% del settore costruzioni autorizza a sorridere, grazie alla congiuntura favorevole determinata dai bassi tassi di interesse e da una migliore percezione degli investimenti nel mattone come bene-rifugio in grado di tutelare il risparmio da turbolenze imprevedibili.
È però evidente come leve di questo genere non possano manifestare i propri effetti per un periodo di tempo molto prolungato e anche per questo motivo si prevede che nel biennio 2018/19 la curva non salga, ma si mantenga sostanzialmente costante tra il 2,1% e il 2,2%. Tuttavia, se questi scenari dovessero realmente concretizzarsi, alla fine del 2019 il settore delle costruzioni in Europa giungerebbe a una striscia positiva di sei anni di crescita ininterrotta: uno spartiacque anche emotivo tra il momento più nero sul piano economico e i progetti per un futuro più sereno.
Un’Europa a più velocità
Ovviamente questo genere di analisi fa riferimento a valori medi, ma in un Continente ancora eccessivamente frammentato tra realtà locali che faticano a trovare una reale coesione ci sono ancora troppe eccezioni.
Le criticità aperte riguardano sia alcuni comparti specifici (l’ingegneria civile continua a segnare il passo), sia alcune economie locali che, nonostante gli sforzi, ancora non crescono. Tra queste ci sono Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e anche il Regno Unito. L’ultimo nome di questa lista è certamente quello che fa più scalpore, pur con tutte le cautele derivanti non solo dalla necessità di attendere il reale compimento della “Brexit” fin qui solo annunciata, ma anche dal ristretto margine che ancora allontana l’economia britannica dalla zona di conforto.
Tra i comparti positivi spicca quello dell’edilizia residenziale, l’unico a essere stato rivisto in rialzo e che segna un tonificante +3,9% rispetto al 2016. Anche su questo versante, si tratta di valori complessivi che possono trarre in inganno chi analizza le specificità nazionali: se Italia e Spagna sono comunque ben al di sotto dei loro livelli abituali, a determinare questo risultato sono specialmente Francia, Germania e (in questo caso) anche l’Inghilterra, che invece si stanno riavvicinando ai momenti più rosei. Lo stallo delle nuove costruzioni verificatosi negli scorsi anni ha naturalmente fatto salire la domanda anche nei paesi più piccoli ed economicamente fragili che, seppure con i loro limiti strutturali, contribuiscono a una complessiva ondata di crescita.
I dati dei comparti
Per quando riguarda il non-residenziale, il percorso di risalita è ancora ai passi iniziali. Il crollo economico, d’altra parte, è andato avanti a manifestarsi fino al 2016 e, se non di un vero e proprio malato, stiamo comunque parlando di un paziente convalescente.
Euroconstruct prevede un modesto margine del 1,5% sul biennio 2016/17 e del 1,8% sul 2018/19, soprattutto grazie alla realizzazione di uffici, mentre sono piuttosto basse le aspettative rispetto alle costruzioni di capannoni, magazzini ed edifici industriali. Discrepanze locali si notano anche in questo comparto specifico, con il calo della Germania che mette in ombra il positivo andamento del mercato in Olanda, Belgio e Danimarca.
L’ingegneria civile è senza dubbio l’ambito in maggiore difficoltà. Qui l’obiettivo è arrestare la decrescita (-1% nel 2016), provocata da una serie di concause che vanno dal periodo di attesa per i prossimi investimenti strutturali dell’Unione Europea – un problema soprattutto per i paesi del centro e dell’est del Continente – alle difficoltà di nazioni come Spagna e Portogallo, dove è il regime fiscale a rappresentare l’ostacolo principale. In Gran Bretagna è in discussione l’ipotesi di un piano di interventi strutturali finalizzati a interrompere uno stallo che dura ormai da tre anni.
Ciò comunque non impedisce a Euroconstruct di guardare al futuro con moderato ottimismo: se per il 2017 ci si attende di uscire dalla palude e toccare l’1,8%, le previsioni indicano come obiettivi il 2,9% per il 2018 e il 3,2% per il 2019. Per quanto riguarda lo specifico italiano, nel suo complesso dal settore delle costruzioni ci si attende una crescita del 2,2% nel 2017 (in salita rispetto all’1,9% del 2016), un rallentamento nel 2018 con il +1,8% e infine un ritorno a quota 2,2% nel 2019.
Le macchine per costruzioni
Le aspettative di crescita sono comunque da estendersi anche al di fuori dell’Unione Europa. Secondo il Cece (Comitato europeo delle macchine per costruzioni), questo specifico settore godrà del rilancio di mercati decisamente importanti quali Stati Uniti, India, Cina e Medio Oriente. In Europa le attese più elevate riguardano Germania, Scandinavia e Francia, mentre l’eccezione negativa è rappresentata dalla Turchia. Afferma Bernd Holz, presidente Cece: "La ripresa economica in Europa è destinata a continuare ad un ritmo moderato, ma la previsione è circondato da incertezza, che ha raggiunto un nuovo massimo con i recenti accadimenti che riguardao la stabilità dell'Unione. La politica monetaria della BCE rimane favorevole, ma non è a un livello sufficiente a stimolare gli investimenti."
Anche i sotto-settori autorizzano una visione ottimistica del futuro, con aspettative di crescita riguardanti i produttori di macchine per il movimento terra, stradali e per il calcestruzzo. L’unica eccezione alla regola è nella componentistica, dove la maggioranza degli attori del settore si attendono un calo del volume di affari.
L’Italia non fa eccezione: anche sul nostro mercato, si attende una conferma della crescita del settore macchine per costruzioni. Il 2016 si è chiuso con un bilancio di 10.984 macchine vendute, in crescita del 26% su base annua. Di queste vendite, 10.517 sono state di macchine per il movimento terra (+25%) e 467 di macchine stradali (+44%). Il report annuale del Samoter Outlook prevede che anche nel 2017 si allunghi la striscia positiva derivante dalla ripresa dell’attività edilizia dopo otto anni di dura crisi. L’analisi congiunturale, realizzata in collaborazione con Prometeia e Unacea, prevede di arrivare a quota 15.000 macchine vendute nel 2018 (+34% nel biennio).
Italia: cresce il noleggio
Restando sullo scenario nazionale, va segnalata anche la crescita del noleggio. Dopo anni di decrescita, l’associazione europea di settore (ERA - European Rental Association) stima un incremento del 2,6% nel 2016 e dello 0,9% nel 2017, con le imprese del Settentrione a fare da traino, anche grazie alla coda lunga dell’effetto-Expo. Le macchine per le costruzioni rappresentano il 70% del mercato del noleggio, quindi il legame con l’andamento del settore edile è indissolubile.
Da questo punto di vista, il rapporto ERA è incoraggiante, in quando indica nel 2015 l’anno finale della recessione e inserisce l’Italia tra i paesi in graduale ripresa, grazie al calo dei prezzi delle materie prime, dei tassi di interesse e dai provvedimenti fiscali dei quali stanno beneficiando famiglie e imprese. In merito al PIL si prevede per il 2017 una crescita su base annua dello 0,5%.
Il migliore stato di salute dell’economia e del settore in generale non può che fare bene al noleggio, in quello che Michel Petitjean, segretario generale di ERA, considera una sorta di circolo virtuoso: “C’è una sempre maggiore consapevolezza rispetto ai vantaggi che il noleggio genera per le aziende. Tra questi ci sono un impiego più efficace dei capitali, una maggiore disponibilità di gamma, la manutenzione e i servizi garantiti da esperti del settore, l’aderenza ai parametri normativi e una migliore performance sostenibile. Le attrezzature scelte con cura, mantenute accuratamente e usate intensivamente possono dare la spinta alla crescita delle imprese di tutta Europa”.
Il caso Loxam
A testimonianza di quanto il mercato stia attraversando una fase di rilancio, l’azienda francese di noleggio Loxam ha ottenuto il via libera per il completamento dell’acquisizione di Lavendon. Nonostante la forte concorrenza della belga Thermote & Vanhalst, che fino all’ultimo momento ha tentato di spuntarla rialzando l’offerta, Loxam ha ottenuto il consenso da parte degli azionisti che detengono il 91,5% delle azioni in circolazione della britannica Lavendon e ha iniziato così le procedure per l’acquisizione del restante 8,5%. Loxam, che ha anche approvato la cancellazione delle azioni di Lavendon dalla Borsa di Londra, ha dichiarato tramite il presidente Gèrard Deprez: “Siamo molto felici di annunciare ufficialmente che la nostra offerta di acquisire Lavendon ha avuto successo. Lavendon è da molti anni un’azienda leader del settore e sono molto contento della possibilità di unire le nostre forze con le loro per affrontare le sfide future. Questa operazione è coerente con la nostra strategia mirata a costruire un business geograficamente equilibrato e ad aumentare la nostra quota di un mercato nel quale siamo già attivi. Non vedo l’ora di lavorare a stretto contatto con il talentuoso management e con i dipendenti di Lavendon, per costruire insieme un team di riferimento nel nostro settore”.
Con il matrimonio tra Loxam e Lavendon nasce un nuovo attore globale nel mercato, con una flotta dedicata all’accesso aereo di circa 45.000 unità in 21 paesi e con un fatturato di oltre 1,1 miliardi di euro. Oltre a rinforzare il proprio ruolo nel mercato europeo, ora l’azienda francese si pone obiettivi di espansione delle proprie attività non solo nel Vecchio Continente, ma anche in Medio Oriente (dove Lavendon ha sempre occupato una posizione di primaria importanza) e nel resto del mondo.
L’importanza dell’acquisizione è ben delineata anche dagli attori coinvolti: Rothschild e Deutsche Bank vi hanno partecipato in qualità di advisor di Loxam, mentre la stessa Deutsche Bank, Credit Agricole Corporate and Investment Bank, Natixis e Société General Corporate & Investment Banking si sono occupate del finanziamento dell’operazione.
Lavendon era già titolare di quattro brand internazionali: Nationwide Platforms nel Regno Unito, Rapid Access in Medio Oriente, Gardemann in Germania e DK Rental in Belgio. Oltre a questi marchi, Loxam ha acquisito anche Hune, la seconda azienda spagnola nel settore del noleggio. Il valore preciso dell’operazione non è stato rivelato e, sebbene si tratti sicuramente di un’operazione meno onerosa rispetto a quella di Lavendon, consentirà agli ambiziosi francesi di crescere con ricavi stimati intorno ai 67 milioni di euro nel 2016 e 35 filiali, Spagna, Portogallo, Colombia e Arabia Saudita.
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