Caro materiali e appalti pubblici: il “Decreto Aiuti”... aiuta tutti?
30/06/2022
Pubblicato da Redazione
L’impatto sull’edilizia che ha avuto l’aumento dei prezzi di molteplici materiali a causa, prima della pandemia e ora della guerra in Ucraina, è noto ormai a tutti. Il settore sta subendo il rincaro dei prezzi di tutti i principali materiali di costruzione, che vanno dai componenti di plastica per la posa di cemento fino ai sistemi per l’isolamento. Questa drammatica situazione rischia di portare al collasso l’edilizia italiana.
In tale contesto il Governo italiano è intervenuto con una serie di provvedimenti volti a sopperire al bisogno delle imprese di affrontare questa sconvolgente e imprevedibile crisi settoriale. In data 18 maggio 2022, infatti, è entrato in vigore il Decreto Aiuti (d.l. 50/2022) recante "Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina". Il Decreto apporta importanti novità in materia di appalti pubblici (artt. 26 e 27) nell’ottica di far fronte all’aumento vertiginoso dei prezzi dei materiali da costruzione, dei prodotti energetici e del carburante.
In particolare, l’art. 26 del Decreto Legge n. 50/2022 prevede un meccanismo di indennizzo a fronte dei maggiori costi di realizzazione valido per il solo anno 2022. Sempre più imprese fornitrici e subappaltatrici però segnalano una chiara incongruità nell’operatività della norma in oggetto e dei benefici ad essa connessi. La sua applicazione avviene solo nei rapporti tra Stazione Appaltante Pubblica e l’impresa appaltatrice tralasciando coloro che infine in gran parte realizzano il lavoro: fornitori e subappaltatori.
Come sottolinea l’Avv. Francesco Luigi Pingitore: “La ratio della norma di cui all’art. 26 del D.L. n. 50/2022, è quella di mitigare, tramite il meccanismo di indennizzo in essa previsto, l’impatto del caro materiali e più in generale dell’aumento, imprevisto ed imprevedibile, del costo delle materie prime e dell’energia, in capo a tutti i soggetti che operano nella filiera degli appalti pubblici e non quella di riconoscere il beneficio dell’indennizzo a solo vantaggio dell’appaltatore principale. La lettura restrittiva proposta da alcune aziende, appaltatrici dirette della PA, alle istanze dei loro fornitori/subappaltatori formulate ai sensi del richiamato art. 26, è, a mio modestissimo avviso, incoerente con tale ratio legis ed è chiaramente incostituzionale per violazione di una pluralità di norme di rango primario, prime tra tutti gli articoli 2, 3 e 41 della Costituzione”.
La logica secondo la quale la norma di che trattasi si applicherebbe ai rapporti tra Stazione Appaltante Pubblica e appaltatore delle opere e non, in maniera passante, anche a quelli tra Appaltatore, aggiudicatario dell’opera pubblica, e subappaltatore e/o fornitori è viziata da un illegittimo arricchimento in danno di chi, in veste di fornitore e/o subappaltatore, partecipa compiutamente alla realizzazione di quelle opere che costituiscono parte integrante e sostanziale delle lavorazioni da allibrare e computate nel SAL verso la S.A. È importante evidenziare che il Governo ha fatto un grande sforzo adottando un buon metodo che però, a nostro parere, andrebbe perfezionato. La distribuzione dei benefici connessi al provvedimento deve essere equa: è impensabile, che un subappaltatore debba sostenere i maggiori oneri di realizzazione delle opere subappaltate e che il beneficio, invece, sia a tutto vantaggio dell’appaltatore principale. L’avv. Francesco Luigi Pingitore ha già inviato alle Autorità di Governo un atto di significazione finalizzato a far cessare questa cavillosa interpretazione dell'art. 26 e ad evitare che si debba, per ottenere il ristoro, avviare una pletora di contenziosi che altro non faranno che aggravare un contesto di disagio già pesantemente impattante sul mondo del lavoro.
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