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Conoscere l’escavatore cingolato: le attrezzature di lavoro

30/05/2024

Pubblicato da Redazione

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La possibilità di allestire la macchina nella configurazione più idonea al suo specifico ambito di utilizzo è uno dei punti di forza dell’escavatore cingolato. In questo ambito, la corretta scelta dell’attrezzatura di lavoro incide in misura importante sulle sue prestazioni finali. 

 

Nella configurazione di un escavatore cingolato un ruolo importante è giocato dalla tipologia di attrezzatura di lavoro, ognuna delle quali possiede caratteristiche diverse, che offrono differenti prestazioni e per questo motivo si adattano in misura variabile ad ogni specifica applicazione. Fra quelle attualmente disponibili, non c’è dubbio che la tipologia monoblocco sia quella tendenzialmente più diffusa, vuoi per la sua architettura semplice, vuoi per la sua attitudine a garantire i migliori risultati in rapporto alle prestazioni centrali nel lavoro dell’escavatore, vale a dire la profondità di scavo e la forza di strappo, così come al massimo livello raggiungibile sono forza di penetrazione, capacità di sollevamento e distanza di lavoro. A fronte di tali vantaggi, il braccio monoblocco sconta qualcosa nel lavoro fuori terra e, soprattutto, in termini di raggio di rotazione, aspetto in rapporto al quale la lunghezza del braccio base incide in misura importante; il bilancio fra tali valutazioni risulta comunque favorevole quando la macchina è destinata ad impieghi in cui la produttività è l’obiettivo prioritario. 

Sull’assetto e il comportamento complessivi del braccio monoblocco incide notevolmente un secondo parametro, la lunghezza dell’avambraccio; va in particolare tenuto in debito conto che un avambraccio più lungo influenza la stabilità complessiva della macchina e le sue prestazioni in termini di forza di strappo e di penetrazione, oltre ad imporre tendenzialmente l’utilizzo di benne di minore capacità, a fronte però di una maggiore profondità e distanza di scavo. La sostanziale standardizzazione dimensionale delle diverse configurazioni di braccio disponibili in funzione della classe di appartenenza dell’escavatore, e la chiara indicazione delle relative prestazioni tendono comunque a facilitare la scelta, che richiede quindi soprattutto chiarezza in rapporto ai prevedibili utilizzi preferenziali della macchina. 

L’architettura monoblocco, pur in un contesto che continua a vedere sostanzialmente invariata la sua impostazione di base, ha dato anche origine ad alcune interessanti reinterpretazioni, finalizzate a privilegiare alcune specifiche prestazioni o meglio adattare al macchina a specifici ambiti di impiego. Un esempio significativo – e di una certa diffusione – di tali variazioni è rappresentato dal braccio monoblocco compatto, soluzione in cui il braccio base presenta una lunghezza minore rispetto alle versioni standard a fronte di una struttura più massiccia, e che viene in genere accoppiato a uno o due avambracci e a cilindri di azionamento sempre di costruzione maggiorata. Queste configurazioni sono state in particolare sviluppate per ottenere, a fronte di dimensioni complessive della macchina relativamente contenute, forze di strappo e di penetrazione superiori. Per questo motivo le macchine così allestite risultano adatte per applicazioni particolarmente impegnative e dove la capacità di reggere cicli di lavoro onerosi e continuativi rappresenta una priorità.

Una seconda variazione sul tema del braccio monoblocco ha imboccato la direzione opposta, vale a dire l’adozione di un braccio monoblocco e un avambraccio di lunghezza maggiorata, architettura che a fronte di una importante diminuzione della forza di strappo e di penetrazione offre la possibilità di operare in contesti dove il raggio d’azione della macchina è determinante, come tipicamente avviene, ad esempio, nelle operazioni di manutenzione e pulizia di scarpate e argini.

Fra le alternative alla tradizionale architettura monoblocco dell’attrezzatura di lavoro, quella di maggiore successo è probabilmente il braccio posizionatore. Un risultato dovuto soprattutto alla maggiore libertà di movimento a questo conferita dalla sua configurazione, che prevede un braccio base e un braccio intermedio i quali sono in grado di variare la reciproca posizione grazie a un apposito cilindro idraulico, in genere collocato dietro ai bracci. 

Come ogni architettura, anche il posizionatore presenta dei pro e dei contro. Se forza di strappo e forza di penetrazione sono tendenzialmente analoghe a quelle di un braccio monoblocco, il posizionatore paga qualcosa in termini di capacità di sollevamento e nelle operazioni sotto quota, a fronte di ottime prestazioni per quanto riguarda altezza e distanza di lavoro. Il vero pezzo forte di questa attrezzatura di lavoro, tuttavia, è rappresentato dall’eccellente agilità di manovra unitamente a un ingombro compatto, proprietà che ne fanno la soluzione ideale quando i lavori richiedono un elevato grado di precisione e lo spazio a disposizione è limitato (tipico è il caso dei cantieri in ambito urbano); allo stesso modo, queste caratteristiche ne limitano in genere l’adozione a macchine fino alla fascia intermedia di peso. Anche il braccio posizionatore ha conosciuto alcune interessanti variazioni volte a calibrarne il comportamento e alcune specifiche prestazioni. Fra queste, vale la pena ricordare l’adozione di cilindri posizionatori posti anteriormente, soluzione che rispetto alla tradizionale collocazione posteriore tende a conferire alla macchina migliori doti di sollevamento.

Terza tipologia di attrezzatura di lavoro è quella che comprende la famiglia dei cosiddetti bracci ad assetto variabile. Il primo e più comune fra questi è il braccio per scavo laterale, la cui caratteristica distintiva è la possibilità di spostarsi a destra e sinistra rispetto al centro della piattaforma. Questa particolare architettura è stata elaborata per consentire alla macchina di eseguire scavi a filo muro senza necessità di ruotare la torretta e, in combinazione con piattaforme di tipo “zero tail” – ovvero in grado di ruotare mantenendo il raggio di rotazione all’interno dell’impronta a terra della macchina – costituisce la soluzione costruttiva più compatta per un escavatore cingolato, e quella più idonea qualora si necessario operare in spazi limitati e fortemente vincolati come avviene tipicamente nei cantieri urbani. A fronte di questi vantaggi va sottolineato come le sollecitazioni cui la particolare struttura del braccio è soggetta e di conseguenza il suo comportamento, molto differenti rispetto a quelle di un classico braccio monoblocco, ne consentono l’adozione solo su macchine del segmento leggero (fino a 15 tonnellate). 

Altra variazione sul tema delle attrezzature di lavoro ad assetto variabile è quella dei bracci brandeggiabili, in cui il piano verticale di lavoro può essere variato sia a destra che a sinistra con un grado di inclinazione variabile a seconda dei modelli. Architettura costruttiva utilizzabile sia con tradizionali bracci monoblocco che posizionatori, questa soluzione offre importanti vantaggi in termini di operatività della macchina, che può anche in questo caso lavorare agevolmente a filo muro; pur scontando qualcosa in termini di prestazioni, il braccio brandeggiabile garantisce una libertà operativa nettamente superiore in situazioni di lavoro caratterizzate da spazi di manovra ridotti. 

 

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