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Costruzioni: La prospettiva? Una visione sul futuro

15/07/2024

Pubblicato da Redazione

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Il tema della prospettiva come motore contro la paura del futuro è stato al centro dell’Assemblea 2024 di Ance, che ha visto nelle parole di Federica Brancaccio una riflessione sulle città quali leve della crescita sociale ed economica del Paese. 

 

Il settore delle costruzioni traina ancora, ma le previsioni sono in calo. Dopo un 2023 positivo, nel I° trimestre 2024 mostra ancora segnali di crescita: ore lavorate +1,6%, lavoratori iscritti +4,3%. Le previsioni per il 2024 sono però segnate dall’incertezza, a causa dei numerosi temi più caldi che nel corso dell’evento la presidente dell’Ance, Federica Brancaccio, ha ricordato: “Il Superbonus, dove sono a rischio molti lavori, l’allarme pagamenti e la sicurezza sul lavoro, il Decreto Salva Casa e il deficit di concorrenza nel mercato delle opere pubbliche”. 

 

Superbonus: stagione chiusa 

Grazie anche al Superbonus l’Italia, nel 2021-2022, ha avuto una crescita del PIL del 12,3%. Negli ultimi due mesi i lavori da completare restano fermi a 7,2 miliardi, a testimonianza delle difficoltà che imprese e i cittadini stanno incontrando per terminare i lavori. “Il più grande indiziato di sperpero pubblico degli ultimi anni è stato il Superbonus 110%. Sono stati usati toni aspri e talvolta poco istituzionali, che hanno evidenziato solo gli aspetti negativi di una misura che nel biennio 2021-2022 ha consentito all’Italia di crescere a ritmi superiori a quelli della Cina (+12,3 contro il loro +11,3). A che prezzo, si dirà. Certo troppo alto e con grandi sprechi, che però potevano essere evitati se fossimo stati ascoltati. Abbiamo chiesto fin da subito delle regole per impedire alle imprese non qualificate l’accesso alle risorse. Allo stesso modo siamo stati fautori di un sistema di controlli, pesantissimo per le imprese, però necessario a ridurre al massimo le frodi. Non a caso il numero maggiore di irregolarità riguarda i bonus, per i quali questi controlli non erano obbligatori. Il resto è storia recente di continui interventi legislativi che hanno portato a un guazzabuglio normativo, per giunta retroattivo, e siamo ancora in attesa di capire come andrà a finire per i contratti già stipulati”, ha commentato la presidente di Ance, Federica Brancaccio. “Intanto ci sono già 7 miliardi di lavori fermi che rischiano di lasciare scheletri urbani, con gravi ripercussioni economiche e sociali sulla vita di cittadini e imprese. Pensiamo a cosa accadrebbe se i contratti che regolano vita e lavoro di ognuno di noi potessero essere stravolti in continuazione senza il nostro assenso: dormiremmo sonni tranquilli? Abbiamo provato a cercare un dialogo per soluzioni condivise, abbiamo provato a capire lo sforzo che il Governo ha dovuto fare per riportare i conti sotto controllo. Perché non siamo ultrà di squadre diverse. Chiudiamo adesso i conti con il passato affidandoci a studi seri e indipendenti che ci dicano finalmente cosa ha funzionato e cosa certamente no. Questo ci aiuterà in prospettiva perché, se la stagione del Superbonus è finita, quella della riqualificazione degli edifici è appena iniziata”. 

 

La Direttiva Case Green

I risparmi energetici conseguiti grazie al Superbonus permettono all’Italia di partire da una posizione più avanzata. Per raggiungere l’obiettivo fissato dall’Europa occorrerà comunque ristrutturare circa 1 milione di edifici dal 2024 al 2030 e circa altri 450.000 dal 2031 al 2035. Non esiste un’unica ricetta, serve un ventaglio di soluzioni: risorse, incentivi fiscali, strumenti finanziari, eccetera. “La Direttiva Case Ggreen, appena approvata in Europa, è un’opportunità e dobbiamo saperla cogliere senza timore. Bene certo ha fatto l’Italia a spingere per una revisione della proposta iniziale che appariva velleitaria e ideologica”, ha detto la Presidente di Ance. “Il testo definitivo è un buon compromesso sul quale dobbiamo lavorare tutti. L’obiettivo è comune, ambizioso e necessario. Portarlo a termine è un impegno che abbiamo preso con le prossime generazioni. Non esiste una ricetta unica: serve un ventaglio di strumenti e soluzioni che ci consentano di raggiungere l’obiettivo. Noi ci stiamo già lavorando e siamo pronti a mettere a disposizione di tutti le nostre analisi e proposte. Certo le risorse servono: Europa e Stato devono fare la propria parte per sostenere la spesa delle famiglie e soprattutto di chi non ha i mezzi per farvi fronte. Allo stesso tempo banche e operatori dovranno immaginare strumenti finanziari innovativi. I vantaggi saranno enormi per tutti in termini di sostenibilità sociale, ambientale ed economica”. 

 

Dentro il PNRR

Il PNRR, nato come risposta alla più grande crisi economica e sociale degli ultimi 80 anni, è stato - secondo Ance - capace di liberare tante energie e riavviare una macchina amministrativa arrugginita. Tra il 2007 e il 2016, con le regole del Patto di Stabilità Interno per gli enti territoriali, gli investimenti in opere pubbliche si sono più che dimezzati (- 54%), a fronte di un aumento del rapporto Debito/PIL di oltre 25 punti percentuali. Grazie al PNRR, invece, circa 15 miliardi di investimenti per opere pubbliche sono stati stanziati, quasi la metà al Sud. I Comuni hanno visto uno sprint degli investimenti: nel primo trimestre 2024 sale ancora del +30% la spesa dei Comuni in opere pubbliche. Emerge però un deficit di concorrenza: nel settore delle opere pubbliche il 90% degli appalti è senza vera concorrenza, che corrisponde in valore al 33% del mercato. Quote superiori a quelle registrate per servizi e forniture. “Importante, ora, non tradire lo spirito di partenza. La riprogrammazione contiene elementi di buon senso, ma anche di preoccupazione. Dal PNRR sono fuorusciti circa 15 miliardi: quasi la metà riguarda il Mezzogiorno. Una scelta dovuta all’inevitabile ritardo di molti progetti del Sud, ma che sa poco di prospettiva e che rischia di renderlo sempre più zavorra. Se non facciamo nulla per ridurre ora il divario tra i territori pensiamo a cosa accadrà quando dovremo attuare la riforma dell’autonomia differenziata. Grazie allo sforzo del Ministro Fitto alle opere tolte dal Piano sono state garantite altre fonti di finanziamento. Ma uscire dalla corsia preferenziale, in Italia, significa mettersi in coda e aspettare pazientemente il proprio turno. Ci possono volere anni! Il PNRR deve rappresentare una spinta e non l’ultima spiaggia. Non agiamo solo con l’acqua alla gola. Costruiamo oggi una nuova grande proposta per la crescita di domani. Prepariamoci per tempo, una buona volta, altrimenti, dopo il 2026, rischiamo di fare la fine di Cenerentola allo scoccare della mezzanotte, con il vestito di stracci, senza carrozza e nemmeno il Principe. Paradossalmente il nuovo Patto di stabilità potrebbe aiutarci. Chiede ai Governi di guardare più lontano e fare programmi di spesa che tengano a bada il debito pubblico promuovendo - allo stesso tempo, e finalmente - crescita economica e riduzione delle disuguaglianze sociali. Sfida difficile, che va resa possibile con regole semplici e parametri meno ragionieristici. Ma anche un bel banco di prova per un Paese che ha scarsa abitudine a programmare impegni a lungo termine. L’importante è non diventare schiavi delle ansie di chi preferisce vedere il debito calare velocemente, piuttosto che far crescere il Pil. Una cosa non esclude l’altra, anzi!”, ha affermato la presidente Brancaccio.

 

Obiettivi in prospettiva

Secondo Ance, un nuovo Piano strategico dovrà occuparsi di mobilità, connessione, sostenibilità, inclusione e servizi alla persona. Così com’è necessario sviluppare la nostra rete portuale con norme e strumenti adeguati che ne consentano il rilancio e l’acquisizione di un ruolo sempre più strategico nel Mediterraneo. Un Piano che parta da una visione per le città, per l’efficientamento energetico e la sicurezza degli edifici, per la sistemazione del territorio, per una rete sempre più efficiente di infrastrutture materiali e immateriali. Obiettivi che vanno perseguiti con costanza e con misure adeguate, da qui ai prossimi 10-20 anni. “Dobbiamo prendere atto che le risorse pubbliche non basteranno: le necessità saranno superiori alle disponibilità. Non abbiamo quindi altra strada se non quella di coinvolgere i privati che possono fornire la spinta necessaria a far partire tanti progetti di sviluppo. Ma perché non riusciamo a farlo? Per coinvolgere capitali privati servono tempi certi e un quadro di regole moderno ed efficiente, che metta in sicurezza gli investimenti. Fare partenariato: una collaborazione leale e chiara tra soggetti pubblici e privati finalizzata ad arricchire l’ambiente in cui tutti viviamo e lavoriamo. Fiducia e collaborazione che per la prima volta sono state inserite come principi guida del nuovo Codice degli appalti, entrato in vigore un anno fa. Troppo spesso, invece, per esempio nella fase di cantiere, le proposte dell’impresa vengono guardate con sospetto, respinte senza motivi o costrette a seguire iter autorizzativi defatiganti. Da programmare c’è ancora tanto. Allo stesso tempo, pensare a un Piano casa organico e inclusivo è un obiettivo che non possiamo più rimandare. Risponde a un’urgente istanza sociale e potrebbe attivare una grande spinta economica. La filiera del made in Italy legata alla casa è una delle più prestigiose nel mondo. Facciamo vedere come si realizzano nuove case per i cittadini del Terzo Millennio recuperando suolo, convertendo edifici degradati in abitazioni sostenibili, usando la tecnologia per realizzare prodotti all’avanguardia”, ha concluso Federica Brancaccio.

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