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Direttiva Case Green: una nuova sfida per le costruzioni

05/06/2024

Pubblicato da Redazione

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L’Energy Performance of Buildings Directive (Epbd), detta Direttiva Case Green sul rendimento energetico in edilizia, ha avuto il via libera definitivo del Consiglio UE Ecofin. La nuova norma comunitaria (UE) 2024/1275 è stata pubblicata l’8 maggio 2024 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, entrando in vigore venti giorni dopo l’uscita in Gazzetta. I singoli Stati membri avranno due anni per recepirne i contenuti. Alcune misure, però, dovranno essere adottate già nei prossimi mesi.

La Direttiva Case Green, che fa parte del pacchetto di riforme Fit for 55, mira a ridurre progressivamente le emissioni di CO2 del parco immobiliare europeo e raggiungere l’obiettivo della totale decarbonizzazione entro il 2050 attraverso la riqualificazione del patrimonio edilizio europeo e il miglioramento dell’efficienza energetica. Ogni Paese dovrà presentare un piano nazionale di attuazione per la riduzione dei consumi che spieghi su quali edifici ci si vuole concentrare e in che modo si punta al raggiungimento degli obiettivi contenuti nella direttiva. Per il momento, senza contare su incentivi o risorse europee certe. Questa misura rappresenta una svolta significativa per le politiche energetiche comunitarie e statali. 

Nei diversi negoziati tra il Consiglio dell’Unione Europea, il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, la direttiva Case Green ha subito una serie di modifiche che contemplano obiettivi intermedi meno stringenti, termini più estesi e un quadro normativo meno restrittivo rispetto alla versione precedentemente approvata dal Parlamento Europeo a marzo. Il compromesso sui target della direttiva EPBD prevede la possibilità per i Paesi membri di richiedere deroghe sugli edifici alla Commissione europea. Gli obiettivi medi saranno definiti in base al patrimonio edilizio, al sistema nazionale di classificazione energetica e alle strategie di ristrutturazione adottate da ciascun Paese.

 

Riqualificare il patrimonio esistente

Gli edifici sono responsabili del 40% del consumo finale dell’Unione Europea e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra associate all’energia, mentre il 75% degli edifici risulta essere inefficiente nel risparmio energetico. Allo stato di fatto il 35% degli edifici dell’UE ha più di 50 anni e quasi il 75% del parco immobiliare è inefficiente dal punto di vista energetico. Il tasso medio annuo di rinnovamento energetico è solo dell’1% circa, un range estremamente basso. Per questo motivo la direttiva si pone l’obiettivo di riqualificare in primis il patrimonio esistente. Il 55% della riduzione dei consumi energetici dovrà essere infatti raggiunta ristrutturando gli edifici con le prestazioni energetiche inferiori: si parla del 43% degli immobili meno efficienti e più energivori. Ciò avrà un impatto significativo per l’Italia, dove sono almeno 5 milioni gli edifici in classe F e G.

 

Le nuove norme

La Direttiva prevede disposizioni specifiche per le diverse tipologie di edifici (nuovi, residenziali, privati o di proprietà dello Stato) e per dispositivi come climatizzatori e caldaie. Gli edifici saranno obbligati a ridurre i consumi del 16% entro il 2030 (quelli pubblici dal 2028) e del 22% entro il 2035. Entro il 2050 tutto il patrimonio edilizio esistente dovrà raggiungere lo standard “zero emissioni”. La Direttiva include anche esenzioni per edifici storici, agricoli, militari e per quelli utilizzati solo temporaneamente. Sono previsti step intermedi, con una distinzione tra edifici residenziali e non residenziali. Infine, dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti a emissioni zero. La Direttiva definisce “a emissioni zero” un edificio ad altissima prestazione energetica, con un fabbisogno di energia pari a zero o molto basso, che produce zero emissioni in loco di carbonio da combustibili fossili e un quantitativo pari a zero, o molto basso, di emissioni operative di gas a effetto serra. Esistono diverse possibilità per coprire il fabbisogno energetico di un edificio a zero emissioni: energia da rinnovabili generata in loco o nelle vicinanze con impianti solari termici, geotermici o fotovoltaici, pompe di calore, energia idroelettrica e biomassa, rinnovabili fornite dalle comunità dell’energia rinnovabile, teleriscaldamento e teleraffrescamento efficienti ed energia da altre fonti prive di carbonio. Sarà gradualmente vietata l’installazione di caldaie a combustibili fossili (dal 2025 stop agli incentivi, dal 2040 alla produzione e commercializzazione) nelle nuove costruzioni, a favore di sistemi più efficienti come le pompe di calore.

 

Le stime economiche

Secondo il rapporto “Valore dell’abitare” elaborato da Cresme e Symbola e promosso da Assimpredil Ance di Milano insieme a European Climate Foundation, saranno necessari tra i 260 e i 320 miliardi di euro per rendere green 3,2 milioni di immobili come previsto dalla direttiva europea, che indica una riduzione del 16% dei consumi energetici degli edifici residenziali entro il 2030. Il rapporto elaborato da Cresme e Symbola ha infatti stimato in 3,2 milioni gli immobili interessati dall’abbattimento del 16% dei consumi energetici della direttiva europea sulle case green. Nello specifico, a essere interessati sarebbero quasi 600.000 immobili monofamiliari e 2,6 milioni di unità inserite nei condomini. Secondo quanto sottolineato dal rapporto, “il tema degli incentivi continuerà a essere centrale. Non sarà possibile farne a meno, ma certo l’approccio dovrà essere più rigoroso di quello utilizzato dal Superbonus: dovremo introdurre nel mercato incentivi più circoscritti, non fuori scala, con tempi più lunghi e soprattutto con effetti misurabili in termini di performance”.

I dati di Unimpresa parlano di una spesa media per ciascun immobile di 35.000 euro. Nello specifico, in base a quanto precisato dal Centro Studi di Unimpresa, “la forchetta varia da 20.000 a 55.000 euro, ragion per cui si può stimare, in via prudenziale, una spesa complessiva a carico dei privati pari a 266,7 miliardi di euro nei prossimi 20 anni circa”. 

Tramite una nota, commentando le nuove misure varate dall’Ue, il Codacons ha invece sottolineato che “gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici comportano un costo medio compreso tra i 35.000 e i 60.000 euro ad abitazione e solo per la sostituzione della caldaia con un modello di nuova generazione la spesa può arrivare in Italia a 16.000 euro”. Secondo l’analisi del Codacons, “i lavori di riqualificazione più comuni e che interessano cappotto termico, infissi, caldaie e pannelli solari hanno costi molto diversificati a seconda della tipologia dei materiali scelti e dell’ubicazione territoriale degli edifici. Il cappotto termico, ad esempio, ha un costo medio compreso oggi tra i 180 e i 400 euro al metro quadrato, mentre per gli infissi la spesa varia in media da 10.000 a 15.000 euro”. Il Codacons ha sottolineato: “Gli interventi di riqualificazione energetica previsti dall’Ue determinerebbero quindi un costo complessivo medio tra i 35.000 e i 60.000 euro considerando una abitazione di 100 metri quadrati e potrebbero determinare nel medio termine effetti enormi sul mercato immobiliare, portando a una svalutazione fino al 40% del valore degli immobili non oggetto di lavori di riqualificazione”.

 

Una questione di competenze

Con questo accordo l’Unione Europea si proietta in un futuro in cui sarà necessario impegnarsi collettivamente verso un’industria delle costruzioni sempre più orientata al miglioramento delle prestazioni degli edifici esistenti. L’evoluzione delle professioni legate all’edilizia sarà, quindi, il fulcro di questo cambiamento. Partire da un traguardo normativo per poi innescare uno sviluppo a cascata dei diversi settori permetterà di raggiungere un futuro abitativo più sostenibile ed in linea con le svolte verso la neutralità climatica.

 

 

 

La direttiva Casa Green e l’impatto sulle costruzioni: i dati Ance

La direttiva UE sulle “case green”, che ambisce a rendere il patrimonio immobiliare europeo totalmente a emissioni zero entro il 2050, sarà cruciale per il futuro del settore. Il nostro Paese ha infatti molta strada davanti per raggiungere gli obiettivi. Secondo i dati Ance il patrimonio immobiliare italiano è molto vecchio: su 12,2 milioni di edifici residenziali, oltre 9 milioni (73%) rientrano nelle classi più energivore (E, F, G) e non sono in grado di garantire le performance energetiche, sia pur minime, richieste per gli edifici costruiti successivamente, e molto lontano dalle prestazioni minime richieste alle abitazioni dei nostri giorni. In merito al settore non residenziale, su circa 1,35 milioni di edifici, il 55%, pari a circa 743.000 edifici, ricade nelle classi più energivore (E, F, G). “La sfida principale per l’attuazione di questa direttiva sarà legata alla disponibilità di finanziamenti adeguati e di manodopera qualificata. Come sottolineato da ANCE, è essenziale stabilire regole chiare che garantiscano un intervento efficace e sostenibile a medio e lungo termine: ciò permetterà di creare un mercato equilibrato caratterizzato da alta qualificazione e sicurezza per imprese, lavoratori e cittadini”, ha commentato l’Associazione Nazionale che rappresenta le imprese di costruzione nel mondo Confindustria.

 

 

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