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Il mercato delle costruzioni

08/04/2024

Pubblicato da Redazione

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La stretta sugli incentivi fiscali sull’edilizia avrà un segno negativo molto forte nel 2024, bilanciato parzialmente da uno positivo sugli investimenti in opere pubbliche, il PNRR in particolare. Questo non riuscirà però a compensare la situazione contingente, quindi l’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) prevede un calo di circa sette punti nel 2024, dopo tre anni eccezionali.

L’economia italiana, nel 2023, sembra aver perso lo slancio che l’aveva caratterizzata nel biennio precedente, periodo nel quale si era contraddistinta per tassi di crescita particolarmente significativi e superiori a quelli dei principali partner europei (+12,3%, contro il +9% della Francia e il +5% della Germania). Tensioni geopolitiche, inflazione e politica monetaria restrittiva hanno rallentato la prosecuzione della ripresa post-Covid, alimentando un clima d’incertezza che ha scoraggiato sia i consumi che gli investimenti.

Come osserva l’Ance nell’Osservatorio Congiunturale sull’industria delle costruzioni di gennaio 2024, all’interno di questo contesto appare cruciale l’evoluzione degli investimenti in costruzioni, che sono stati il principale motore di crescita dell’economia italiana nel biennio 2021-2022. Circa un terzo della crescita del Pil (+12,3%) nei periodi considerati, infatti, è attribuibile all’edilizia. Un contributo che raggiunge il 50% se si considera anche tutta la sua filiera (edilizia e immobiliare), come emerge da stime Mef contenute nell’audizione del 23 maggio scorso.

 

Un 2023 positivo per le costruzioni

L’Ance per il 2023 stima un ulteriore aumento del 5% in termini reali degli in- vestimenti in costruzioni, sintesi di aumenti generalizzati in tutti i comparti. Questa crescita, in linea con la previsione tendenziale formulata a maggio dello scorso anno, conferma una moderata ripresa già dal 2017, interrottasi nell’anno pandemico e rafforzatasi nell’ultimo triennio. Tra il 2021 e 2023, infatti, i livelli produttivi settoriali sono aumentati di circa 75 miliardi; in soli tre anni il settore è riuscito a recuperare larga parte del gap produttivo dovuto alla ultradecennale crisi che aveva portato ad una perdita per le costruzioni di circa 92 miliardi. Anche i dati relativi alle quantità consegnate di tondo per cemento armato, secondo stime Federacciai, relative ai primi 10 mesi del 2023, confermano l’andamento positivo in atto negli ultimi anni, con un incremento tendenziale del +16,5%. Con riferimento all’occupazione nel settore delle costruzioni, i dati elaborati dalle Cnce su 113 casse edili/edilcasse evidenziano nei primi nove mesi del 2023 - sia per il numero di ore lavorate che per i lavoratori iscritti - un aumento nel confronto con lo stesso periodo del 2022, sebbene con intensità diverse: infatti, se per le ore lavorate l’incremento si attesta al +0,9%, per i lavoratori iscritti quest’ultimo sale al +2,9%. Infine, accanto alla lettura degli indicatori settoriali disponibili, è importante sottolineare gli impatti positivi legati alle misure economiche di interesse del settore promosse negli ultimi anni, come il Superbonus e il PNRR. Anche nel 2023 gli incentivi per la riqualificazione energetica e sismica del patrimonio immobiliare si sono dimostrati decisivi driver di sviluppo per il settore delle costruzioni e per l’economia raggiungendo a fine anno, secondo i dati Enea-MASE, un ammontare di investimenti realizzati superiore ai 44 miliardi, posizionandosi al di sopra dei livelli del 2022 (circa 35,4 miliardi). Un ulteriore importante contributo è stato fornito dai bonus ordinari (ristrutturazioni, sismabonus, barriere architettoniche, eccetera), che, sulla base dai dati riferiti ai bonifici parlanti, hanno sviluppato - nei primi 11 mesi del 2023 - un giro di affari che ha superato i 38 miliardi, cifra imponente sebbene in lieve calo (-5%) rispetto agli eccezionali livelli dello stesso periodo del 2022. Infine, come noto, il settore delle costruzioni è centrale nelle politiche di sviluppo dell’economia definite nel PNRR sia per l’ingente ammontare di investimenti pubblici in infrastrutture, sia per le riforme previste che riguardano ambiti prioritari per l’attività edilizia. Si tratta di investimenti e riforme che potranno gettare le basi per uno sviluppo duraturo che non dovrà esaurirsi con la conclusione del Piano nel 2026, ma innescare un processo di crescita sostenibile e di lungo periodo. A queste risorse si sommano, poi, i fondi della politica di coesione nazionale ed europea della nuova programmazione 2021-2027 (circa 143 miliardi di euro nel periodo) e gli ulteriori finanziamenti pluriennali destinati agli investimenti e alle infrastrutture dalle manovre di bilancio degli ultimi anni. Più timida in materia di nuovi investimenti è invece la manovra di finanza pubblica 2024-2026 che, in un contesto di spazi di bilancio molto contenuti, concentra le limitate risorse disponibili sulla realizzazione di specifici progetti infrastrutturali, primo fra tutti il Ponte sullo Stretto di Messina, e solo residuali misure di sostegno agli investimenti di portata generale.

 

Le stime per il 2024

La previsione per il 2024 risente di un quadro macroeconomico particolarmente incerto, i cui mutamenti vanno di pari passo con l’evoluzione di tre fattori chiave: l’inflazione, la politica monetaria e le tensioni geopolitiche. In particolare, un rientro dell’inflazione più rapido del previsto indurrebbe la Banca Centrale Europea a correggere i tassi di interesse verso il basso, aprendo dei margini per una prima ripartenza sia dei consumi che degli investimenti. D’altro canto, l’acuirsi del conflitto in Medio Oriente porrebbe una seria minaccia al transito di navi commerciali nelle rotte del Mar Rosso verso il canale di Suez, spingendo al rialzo i prezzi delle principali materie prime. Fattori, questi, che portano a valutare con cautela l’andamento economico per l’anno in corso: i principali istituti di ricerca stimano, per il 2024, un aumento del PIL italiano più contenuto rispetto a quanto prospettato in estate, che si collocherebbe tra il +0,6% della Banca di Italia e il +0,9% della Commissione Europea. Con riferimento alle costruzioni, le quali ovviamente risentono di tale contesto così complesso e instabile, la previsione dell’Ance per il 2024 è di una riduzione del 7,4% degli investimenti in costruzioni. Un risultato che risentirà del mancato apporto espansivo della manutenzione straordinaria (che nell’ultimo triennio è giunta a rappresentare il 40% del mercato), a seguito del venir meno dello strumento della cessione del credito/sconto in fattura. Ciò riporterebbe il valore complessivo degli impieghi nel comparto su livelli di poco superiori a quelli pre-Covid. Per tale comparto quest’anno si prevede una flessione tendenziale del 27%. La previsione 2024 considera, viceversa, un’ulteriore e importante crescita negli investimenti in opere pubbliche (20%), legata alla necessaria accelerazione degli investimenti del PNRR che assume un ruolo ancor più centrale per il sostegno all’economia e del settore delle costruzioni, a seguito del ridimensionamento del driver rappresentato dalle ristrutturazioni. Le scadenze inderogabili del PNRR, che hanno già determinando accelerazioni nelle fasi di aggiudicazione e consegna dei lavori, dovranno imporre una riduzione anche dei tempi per le realizzazioni, se si vogliono raggiungere gli ambiziosi obiettivi del Piano. In caso contrario, l’Italia avrà perso una grandissima opportunità di sviluppo e di ammodernamento del Paese. La crescita stimata per il comparto delle costruzioni non residenziali pubbliche nel 2024, corrispondente a maggiori investimenti per circa 10 miliardi di euro, è comunque prudente rispetto all’obiettivo del Piano, al fine di tenere conto dei possibili effetti della revisione del PNRR approvata a novembre 2023 che, oltre a determinare uno slittamento in avanti degli investimenti, con una loro maggiore concentrazione negli anni finali di Piano (2025-2026) provoca anche un posticipo delle rate di rimborso dei fondi europei, con conseguenti possibili tensioni sulla cassa e sulla liquidità necessaria a garantire regolari pagamenti alle imprese esecutrici dei lavori. Per quanto concerne la nuova edilizia abitativa e il non residenziale privato si stima un ridimensionamento dei livelli produttivi pari, rispettivamente, a -4,7% e a -1% rispetto al 2023. Su entrambi i comparti pesa l’inversione di tendenza riscontrata nei permessi di costruire e, per la componente non abitativa, anche il quadro macroeconomico così volubile, da cui questo comparto risulta particolarmente influenzato.

 

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