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Il punto sul settore degli pneumatici ricostruiti: intervista a Stefano Carloni (Airp)
07/05/2019
Pubblicato da Redazione
Pneumatici ricostruiti, tra sfide e nuovi scenari: intervista a Stefano Carloni, presidente di Airp (Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici)
Dopo sei anni consecutivi di calo, nel 2018 il mercato europeo del pneumatico ricostruito è tornato a registrare il segno positivo in termini di vendite. Come dimostrano infatti i più recenti dati diffusi da Airp (Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici), lo scorso anno le vendite di pneumatici ricostruiti nella UE sono aumentate del 2,1% sul 2017. Ad incidere sulla crescita, l’introduzione da parte dell’Unione Europea dei dazi antidumping sulle importazioni di pneumatici nuovi e ricostruiti per autobus o autocarri provenienti dalla Cina. In questa intervista le opinioni di Stefano Carloni, presidente dell’Associazione Italiana Ricostruttori Pneumatici, che ci parla delle prospettive del mercato del ricostruito, del rapporto tra pneumatici ed economia circolare, del ruolo dell’associazione e della situazione attuale dell’industria della ricostruzione in Italia.
Presidente Carloni, l’introduzione dei dazi antidumping rappresenta sicuramente un passaggio importante per la ripresa dell’intera industria europea del pneumatico ricostruito, che negli ultimi anni ha subìto la concorrenza sleale di prodotti di bassa qualità venduti sottocosto nell’Unione Europea. Quali prospettive si aprono ora per il settore del ricostruito?
“L’impatto dei dazi è stato indubbiamente rapido e positivo, già un mese dopo l’introduzione dei dazi provvisori si sono visti segnali di risveglio del mercato, ad esempio le carcasse ricostruibili hanno subito visto un aumento della domanda e del loro valore. Nei mesi successivi abbiamo visto che anche le vendite hanno seguito questa tendenza positiva, e dopo anni di calo continuo molti ricostruttori vivono finalmente una ripresa della produzione. Possiamo dire che l’introduzione dei dazi ha prodotto l’inversione di tendenza che speravamo; tuttavia, per quanto importante sia l’effetto dei dazi, questo elemento da solo non basta a mettere in sicurezza la ricostruzione, che dovrà adesso lavorare per costruire un nuovo corso”.
Dal suo punto di vista in che modo il settore dovrà lavorare per sfruttare questa importante occasione offerta dall’introduzione dei dazi? In particolare, in che modo è possibile lavorare per sostenere ulteriormente il mercato dei pneumatici ricostruiti?
“Premesso che la tendenza dei prossimi anni di tutta l’industria europea sarà verso l’economia circolare, l’industria della ricostruzione avrà bisogno di trovare misure strutturali in grado di sostenere la produzione e la domanda nel medio-lungo termine. Servirebbe ad esempio un sistema di certificazione della carcassa: è un elemento che ad oggi manca, ma che riteniamo potrebbe dare un solido fondamento al futuro della ricostruzione, stimolando anche la competitività del prodotto nuovo. E la stessa industria del pneumatico nuovo, a sua volta, potrebbe giocare un ruolo importante: in un momento positivo per il mercato, sarebbe opportuno investire con decisione sull’innovazione tecnologica, per migliorare ulteriormente la qualità del prodotto offerto, così da rendere ancora più competitiva la ricostruzione”.
Il settore del pneumatico ricostruito rappresenta da sempre un tassello fondamentale per la costruzione di un’economia circolare che incentivi il riuso e quindi la sostenibilità ambientale. Ritiene che la virtuosità della ricostruzione sia oggi adeguatamente riconosciuta e valorizzata come tale?
“Purtroppo ad oggi no, eppure proprio per il suo essere un perfetto paradigma di economia circolare la ricostruzione dovrebbe essere agevolata in più modi, ad esempio supportando la domanda attraverso una fiscalità di vantaggio, che può assumere la forma di un credito di imposta o di uno sgravio fiscale per l’utilizzatore. Un’occasione importante sarà in questo senso il recepimento delle direttive europee sull’economia circolare, che gli stati membri dell’Unione dovranno perfezionare entro maggio del 2020: speriamo che almeno di fronte a questo obbligo il decisore pubblico arrivi a creare strumenti idonei ed efficaci per supportare un nuovo modello industriale”.
Che ruolo gioca oggi l’associazione? In che modo è impegnata a valorizzare le valenze positive della ricostruzione di pneumatici?
“I temi su cui lavorare per sostenere la ricostruzione sono diversi. Oltre a un impegno generale per sostenere la transizione all’economia circolare, abbiamo iniziato a occuparci del tema già menzionato relativo alla certificazione della ricostruibilità delle carcasse, nell’ottica di dare un impulso all’ecodesign dei pneumatici. Per facilitare la loro ricostruibilità dovremmo poi chiedere anche una maggiore uniformità nelle dimensioni delle carcasse. Oltre a questi aspetti, e al tema delle politiche fiscali favorevoli alla ricostruzione, poi, crediamo si debba lavorare anche nell’ottica di una maggiore tracciabilità dei pneumatici, sia per aiutare la ricostruzione che nell’ottica del loro corretto recupero e smaltimento a fine vita. Infine, poiché il prodotto ricostruito, dopo anni in cui gli operatori hanno davvero faticato a rimanere sul mercato, è ancora “debole”, crediamo sia opportuno non aggiungere per il momento un eccessivo carico normativo e burocratico a livello europeo”.
Allo sviluppo dell’industria della ricostruzione di pneumatici un notevole contributo è dato proprio dal nostro Paese, che ha importanti realtà nella produzione di attrezzature per la ricostruzione. Ci vuole dire qualcosa a proposito della situazione generale dell’industria della ricostruzione in Italia?
“L’Italia ha in effetti una grande tradizione nella ricostruzione anche sul versante dei macchinari e dei materiali, un’industria che negli anni si è saputa affermare come un’eccellenza a livello internazionale, arrivando a esportare gran parte della propria produzione. Se si visitano degli stabilimenti di ricostruzione in altri paesi europei è molto probabile infatti che le linee di produzione siano made in Italy. Proprio per questo le nostre industrie hanno saputo resistere bene alla crisi degli ultimi decenni, e ad oggi offrono importanti opportunità per innovare e rilanciare la ricostruzione italiana e la sua competitività”.
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